Preistoria e Protostoria

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Età Romana

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Medioevo

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Età Moderna

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La Storia Della Val di Susa

 La comparsa dell’uomo sul territorio della Valle di Susa e la formazione dei primi nuclei insediativi di un certo rilievo si colloca tra la metà e la fine del V millennio a.C., come testimoniato dai siti neolitici della Maddalena e di S. Valeriano. Nel III millennio a.C. si assistette al passaggio graduale verso l’Età del Bronzo, al termine della quale dovette iniziare, probabilmente, un primo utilizzo sporadico dei valichi del Moncenisio e del Monginevro.

 

A partire dal VI secolo a. C. in poi si verificarono le prime invasioni delle popolazioni galliche. Alcuni secoli più tardi l’area valsusina e la pianura torinese a ridosso dell’imbocco delle valli alpine era abitata dai Taurini, un popolo di ceppo ligure, ma con elementi culturali di influenza celtica, stanziati in insediamenti montani o comunque subalpini fondati già precedentemente al popolamento gallico della pianura.

 

Nel II secolo a.C. iniziò l’occupazione romana del Piemonte, operata con modalità differenti a seconda delle popolazioni con cui via via Roma entrò in contatto. Le popolazioni coziane, insediate in Valle di Susa, scelsero la via dell’amicizia con la nuova potenza, stipulando un foedus che consentì loro una graduale integrazione nella romanità. A testimonianza del patto stipulato venne eretto, nel 13 a.C., l’arco di Augusto a Susa. I romani, inoltre, imposero a Cozio la sistemazione delle vie di transito alpino, attraverso la costruzione della strada romana delle Gallie sul sito della precedente pista celtica. Dopo la sistemazione coziana, la via valsusina che conduceva attraverso il Monginevro divenne un asse portante delle comunicazioni tra l’Italia, la Gallia e l’area renana.

 

A partire dal III secolo d.C. anche la Valle di Susa e il torinese risentirono della crisi generalizzata che colpì l’Impero. All’inizio del V secolo, poi, la regione subalpina occidentale fu interessata da importanti vicende militari: tra il 400 e il 410 si assistette alle invasioni dei Visigoti, degli Ostrogoti e degli eserciti imperiali in lotta. Proprio in questo periodo il controllo dei valichi valsusini venne assunto da popolazione Bagaude, costituite perlopiù da bande di contadini e diseredati che dalla Gallia compivano scorrerie nell’area della Provenza e del torinese.

 

 

 

Alla fine del V secolo si assistette alla nascita dei regni romano-barbarici. Nel corso della guerra greco-gotica i Goti rinforzarono i confini settentrionali del regno, a ridosso delle Alpi. Susa in particolare vide un rinnovamento delle sue fortificazioni e un nuovo utilizzo dell’antico castrum.

 

Sul finire del VI secolo l’intera area del torinese cadde sotto la dominazione dei Longobardi, che conquistarono Torino nel 570, mentre sul confine delle Alpi si attestarono i Franchi. La regione convergente sulla Torino longobarda fu segnata da questa vicinanza. Due volte nel corso dell’VIII secolo, prima dell’invasione definitiva, gli eserciti franchi avevano sconfitto quelli longobardi, ma soprattutto da tempo i Franchi si erano installati in Valle di Susa: è del 726 la fondazione dell’abbazia di Novalesa ad opera di Abbone, un nobile merovingio, funzionario del regno franco; è nella bassa Valle di Susa, probabilmente nell’area tra Caprie e Chiusa San Michele, che venne costruito il sistema difensivo delle chiuse, una serie di fortificazioni complesse che cedette nel 773 lasciando libero il passo a Carlo Magno.

 

Tra il IX e X secolo si verificò la formazione di marche difensive, anche per la minaccia proveniente dal mare e dalle Alpi ad opera dei Saraceni. Essi erano bande irregolari di genti, spesso di religione musulmana ma raramente di sangue arabo, più probabilmente provenienti dalla penisola iberica e in parte dall’Italia centro-meridionale. Alle loro scorribande si unirono quelle di Normanni e Ungari, e quelle di altre identità etniche e sociali composite: corsari andalusi, marrones (guide alpine) dediti spesso anche alla rapina, briganti.

 

Dopo un periodo di minor pressione verificatosi a fine IX secolo, nel corso del X secolo la loro minaccia si fece nuovamente pressante, determinando, insieme alla concomitante difficoltà di affermazione dinastica dei marchesi di Ivrea, il nuovo riassetto territoriale del torinese. Tra il 921 e il 972 i Saraceni furono una presenza costante sui valichi e sui percorsi alpini e all’inizio di questa fase si collocano le devastazioni di Novalesa e della piana di Oulx, che videro la fuga dei monaci novaliciensi e una forte contrazione degli insediamenti, soprattutto nell’alta valle.

 

 

Tra il 940 e il 945 si intesificarono le azioni militari di Arduino il Glabro, marchese di Torino, che portarono alla liberazione della Valle di Susa e dei suoi valichi dalle scorrerie e dal brigantaggio. Ad Arduino succedettero il figlio primogenito Manfredo e il figlio di quest’ultimo, Olderico Manfredi, fondatore dell’abbazia di San Giusto di Susa (1029) e padre della contessa Adelaide. Essa divenne di fatto l’erede della marca di Torino, divenuta una dominazione al cui titolare l’imperatore delegava il controllo del principale valico alpino, il Moncenisio. Adelaide ebbe tre matrimoni, l’ultimo dei quali, con Oddone di Moriana, consentì alla casata dei Savoia il fondamentale scavalcamento delle Alpi.

 

Pur non conservando personalmente il titolo marchionale, Adelaide mantenne nelle proprie mani il potere di fatto fino alla sua morte, avvenuta nel 1091. Gli arduinici mantennero a Torino, sede episcopale e capoluogo ufficiale della circoscrizione, il centro del loro potere, puntando altrove su radicamenti signorili. La valle di Susa fu uno di questi luoghi, che servì più tardi ai Savoia per presentarsi come i più accreditati pretendenti alla successione di Adelaide. Della valle essi fecero l’unica base di dominio al di qua delle Alpi per tutto il corso del XII secolo e oltre.

 

Parallelamente, nell’area dell’alta Valle di Susa si insediarono stabilmente, a partire dal 1070 e in modo più definitivo dal 1189, i conti di Albon – futuri Delfini - famiglia originaria della Borgogna come i Savoia e anch’essa interessata al controllo dei valichi alpini. In quest’area essi trovarono già una certa organizzazione: le diverse comunità infatti erano da tempo solite riunirsi, essenzialmente per discutere la ripartizione dei tributi e delle spese di difesa del territorio (antico francese escartonner).

 

Nel Brianzonese gli escartons erano cinque: Oulx, Casteldelfino, Pragelato, Château Queyras e Briançon, i quali decisero di raggrupparsi fra loro, costituendo l’assemblea del grande escarton brianzonese.

 

Nel 1349 il Delfino Umberto II, trovatosi senza eredi ed in una situazione finanziaria disastrosa, decise di donare i propri possedimenti all’erede del re di Francia e di ritirarsi in convento.

 

 

 

Sul fronte sabaudo la situazione non fu meno complessa. Dopo un’iniziale fase di lotte dinastiche, i successori di Adelaide rinsaldarono il potere signorile sulle terre dal Moncenisio alla bassa valle di Susa e sulla valle d’Aosta, vincendo le resistenze di alcuni poteri laici e religiosi. Con Umberto III il Beato (1148-1189) consolidarono la propria presenza e ottennero il favore imperiale.

 

La politica espansionistica sabauda raggiunse nuovi e notevoli successi con Tommaso I (1189-1233), che riuscì anche ad ottenere il titolo di vicarius totius Italiae da parte dell’Imperatore Federico II. Nel corso del XIII secolo si verificarono violenti contrasti tra il ramo principale della famiglia e i Savoia Acaja, risoltisi con una divisione tra i territori piemontesi che rimanevano sotto la diretta giurisdizione della contea di Savoia (la valle di Susa), e quelli che entravano a far parte di un primo nucleo di dominio autonomo pedemontano, la quale durò fino al 1418.

 

La temporanea fine delle lotte dinastiche portò ad un periodo di prosperità, in cui si collocano anche le riforme operate da Amedeo V. Alla morte di Amedeo V si ebbero alcuni decenni di stasi politica, mentre dalla seconda metà del Trecento si assistette ad un periodo di nuova, forte espansione, vissuta grazie agli accorti governi di Amedeo VI, detto il Conte Verde (1343-1383), Amedeo VII (1383-1391), il Conte Rosso e Amedeo VIII (1391-1451).

 

Il dominio venne ristrutturato e imperniato su due capitali, Torino e Chambéry. In questo periodo i conti di Savoia ottennero il riconoscimento del titolo ducale, concesso dall’Imperatore Sigismondo nel 1416. I primi segni di crisi si manifestarono a partire dal 1434, quando Amedeo VIII – che venne eletto antipapa con il nome di Felice V - si ritirò nel suo castello di Ripaille sul lago di Ginevra, lasciando il governo al figlio Ludovico (1434-1465). Il lento decadimento si arrestò solo con Emanuele Filiberto nella seconda metà del Cinquecento.

 

Dal 1536 iniziò l’occupazione francese, che si protrasse fino al 1559. Per la Valle di Susa, soggetta al transito continuo degli eserciti in lotta, fu un periodo di estrema difficoltà. Nel medesimo periodo, infatti, si assistette all’emergere delle lotte religiose. Già dal XIII secolo la presenza valdese si attestò in modo significativo nella valle di Pragelato e, in misura minore, in alta Val di Susa.

 

Nel 1532 i valdesi aderirono alla riforma e, gradualmente, i predicatori itineranti vennero sostituiti da pastori sposati ed insediati stabilmente in un determinato luogo.

Da questo momento in poi, grazie anche alla predicazione di alcuni collaboratori di Calvino giunti da Ginevra, le popolazioni dell’alta Valle del Chisone e parte di quelle dell’alta Valle di Susa aderirono in massa alla riforma calvinista. La reazione del governo francese non si fece attendere: negli anni 1555-1560 presso il Parlamento di Grenoble furono giudicati i primi eretici, condannati al rogo.

 

Il tardo Cinquecento vide il susseguirsi di ben otto guerre di religione (1562-1590), che ebbero come indiscussi protagonisti François de Bonne, duca di Lesdiguières e capo del partito ugonotto, e Jean Arlaud detto La Cazette, capo del partito cattolico, fino a che quest’ultimo venne ucciso nel 1591 dai sicari del Lesdiguiéres.

 

L’editto di Nantes, firmato nel 1598, pose fine alle lotte religiose, accordando la libertà di culto per i riformati. Tuttavia la sua revoca ad opera di re Luigi XIV nel 1685 riportò il caos nelle valli: vennero espulsi i ministri del culto, vietate le pubbliche adunanze e rasi al suolo i templi. I riformati del Delfinato e quelli provenienti dai territori del duca di Savoia vennero costretti all’esilio dalle loro terre a Ginevra e Prangins, sul Lemano, ma nel 1688 decisero di tentare il rientro: guidati da Henri Arnaud ripercorsero il cammino a ritroso, rientrando armati in patria.

 

Le alterne vicende legate alla Guerra di Successione Spagnola portarono alla vittoria piemontese e alla stipula del Trattato di Utrecht del 1713, con il quale l’alta Valle di Susa fu riunita alla bassa, entrando così a far parte del ducato di Savoia e poi del regno di Sardegna.

 

L’annessione dell’alta Valle di Susa non fu però indolore: gran parte delle popolazioni locali contrastarono più o meno apertamente il passaggio dalla Francia al regno sabaudo, spingendo i francesi a tentare più volte la riconquista dei territori perduti.

 

Lo scontro più significativo si ebbe nel corso della guerra di successione austriaca (1742-1748) quando nel 1747, nella memorabile battaglia dell’Assietta, 7.400 soldati piemontesi, dopo un’epica resistenza, riuscirono ad avere la meglio su 20.000 uomini dell’esercito francese riportando una storica vittoria.

Durante la Rivoluzione Francese e il periodo napoleonico il territorio valsusino fu nuovamente coinvolto in vicende belliche. A questo periodo risalgono la risistemazione della strada del Monginevro e la costruzione dell’attuale strada del Moncenisio.

 

Il pieno Ottocento vide l’intensificarsi del transito turistico e commerciale attraverso la valle, in primo luogo grazie alla costruzione della ferrovia. La prima tratta, che collegava Torino a Susa, fu inaugurata nel 1854; tre anni dopo furono avviati i lavori per il tratto Bussoleno-Bardonecchia e per il traforo del Fréjus, che fu inaugurato nel 1871. Proprio a causa della lentezza dei lavori per il traforo del Fréjus si decise di provvedere in modo temporaneo ad una connessione rapida tra la valle di Susa e la Maurienne: tra il 1866 e il 1868 venne costruita la ferrovia Fell che collegava Susa e Saint Michel de Maurienne attraverso il valico del Moncenisio, la quale però restò in funzione per soli tre anni, venendo smantellata all’apertura del traforo.

 

Anche la presenza militare si intensificò nella seconda metà del secolo XIX, quando gli alti comandi militari iniziarono ad interessarsi in particolare alle zone di Claviere e del Moncenisio a seguito dell’inasprimento dei rapporti con la Francia. Dopo il 1860, con la cessione della Savoia alla Francia, iniziò la realizzazione del nuovo sistema difensivo al colle del Moncenisio, divenuto luogo di confine. Alla fine del XIX secolo il monte Chaberton, che sovrasta gli abitati di Cesana e di Claviere, fu ritenuto il luogo più adatto per edificare un sistema fortificato, la cui costruzione fu avviata nel 1898. Subito dopo la proclamazione dell’intervento dell’Italia nella seconda guerra mondiale (11 giugno 1940) uno dei punti nevralgici del conflitto si rivelò essere proprio la zona del confine italo-francese. Il 21 giugno i francesi, passati al contrattacco, distrussero con la loro artiglieria sei delle otto torrette di cui era dotato il forte, sulle quali erano posizionate le bocche da fuoco, compromettendone l’utilizzo per sempre. Con la firma del trattato di pace del 1947 furono rivisti i confini fra Italia e Francia: lo Chaberton e la piana del Monginevro furono compresi nel territorio francese, mentre l’abitato di Claviere avrebbe dovuto rimanere integralmente in Italia: in realtà fino al 1973 la linea di demarcazione tagliò in due il comune. Anche il territorio del Moncenisio, infine, fu ceduto alla Francia fissando la frontiera all’imbocco della piana di San Nicolao.

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